Riflessione sul movimento No Tav. Parte 1: l’inizio, le basi.

L’Italia. Un paese meraviglioso che riesce a fondere insieme tutto ciò che viene ricercato in una nazione: Ospitalità, Arte, Cultura e Storia. Ma soprattutto, Ambiente. I meravigliosi scenari delle Dolomiti, le cornici mozzafiato dei grandi laghi e le spiagge da sogno della Sardegna, il tutto circondato di campi di grano che riflettono la luce del sole. Cosa potrebbe andare male? Ebbene, l’Italia ha la strana capacità (fin dalla sua nascita) non di risolvere i problemi che ha , ma bensì di peggiorarli ulteriormente. Non ultimo di questi, spicca il problema dei trasporti. Questo Stato ha da sempre avuto sotto la “spotlight” evidenti problemi di mobilità, con autostrade incomplete o in costante modifica (sto parlando con te, Salerno-Reggio Calabria), ferrovie problematiche e aeroporti inutili o abusivi. Ed in questa cornice nasce un movimento che ha catalizzato l’attenzione dei media su di se, fin dagli anni novanta: il movimento No TAV. Chi sono i No TAV? “Terroristi”, “Criminali”, “Sabotatori”, molti sono i titoli associati a questi individui. La verità resta però una sola: sono un gruppo di cittadini che, vedendo una radicale modifica dell’ambiente che li ospita: la Val di Susa, uno degli ambienti che ho tanto glorificato nella mia introduzione. Tutto comincia quando nasce la proposta del governo Andreotti VII di aderire al piano di costruzione di linee ferroviarie ad alta velocità proposto dall’Unione Europea. Un piano ingegnoso, e soprattutto utile, data la quantità di persone lavoranti a centinaia di chilometri da casa. Un piano che, però, porta anche conseguenze sgradevoli, talvolta dannose, come l’inquinamento. I cantieri del progetto sono infatti balzati all’occhio della cronaca nazionale per la produzione ed emissione di amianto, alquanto dannoso per la salute degli esseri viventi. In un ambiente naturale semi-incontaminato, uno degli ultimi rimasti in Italia, la costruzione di una linea di questo tipo ha fatto nascere più di una perplessità. Così, all’annuncio della famigerata linea Torino-Lione, ritenuta più superflua che altro, la popolazione valsusina ha deciso di dire basta, di opporsi ad un progetto che, alla fine, avrebbe sfavorito una porzione notevole di territorio, favorendo la comodità delle persone delle grandi città a discapito della salute della casa degli abitanti dei piccoli paesi. Nasce in questo modo, un modo innocuo e più che legittimo, uno dei movimenti più strumentalizzati e controversi degli ultimi quindici anni.