Qui Radio Gallifrey. Le mie opinioni sul cinquantesimo anniversario di Doctor Who.

Arriva puntuale, come un orologio svizzero, al contrario del suo personaggio, sempre in ritardo di giorni, mesi, e talvolta anni. Ma entrambi hanno una cosa in comune: arrivano. E così mi sono ritrovato a costringere un’intera famiglia a sintonizzarsi su Rai 4 per assistere all’evento dell’anno. Il cinquantesimo anniversario è finalmente giunto tra noi. Con tutto il suo carico di aspettative, un minimo errore avrebbe potuto causare un terremoto non da poco, ma così non è stato. Who vive, vive in mezzo a noi, e ha nuova verve nata dalla penna di Steven Moffat, da cui mi aspetto grandi cose. Non un collegamento fuori posto, non una riga di troppo, non un’inquadratura superflua. No, aspettate. Un problema c’è. L’intero plot dell’invasione aliena sulla Terra. Ok, è vero, serviva qualcosa che tenesse tutto assieme e permettesse lo svolgimento degli eventi, devo ammettere che il passaggio (SPOILER) da Gallifrey a pezzi a grandi calamari multiforma era un po’…. meh. Dettagli nella fine, perchè anche questi crostacei riescono ad avere un ruolo decisivo nella grande trama del cinquantesimo. Tutto funziona, tutto torna. E mentre io rido come un pazzo di fronte agli avvenimenti ed a tutti i riferimenti al passato, e a barcollare di fronte al ritorno di un ospite inaspettato, le persone attorno a me cominciano a capire niente. Ma non mi importa. Questo è il giorno del Dottore, e niente me lo rovinerà.

[RECENSIONE FILM] Il Quinto Potere.

Gli anni 2000. L’era della nuova informazione, del collegamento, di internet. L’era in cui si guarda al futuro con occhi nuovi: speranzosi, sognanti, ma soprattutto aperti. L’era in cui un uomo, con l’aiuto di poche persone e di un’abilità informatica fuori dall’ordinario, riesce ad aprire i nostri occhi su una finestra oscurata da mille tende: la finestra dei governi. Il suo nome è Julian Assange, e questa è la sua storia. Le premesse di questo film sono ambiziose e accattivanti, e il regista, Bill Condon, ha reclutato un cast da urlo, con Daniel Brühl, il lodato attore che ha interpretato giusto qualche mese fa Niki Lauda in “Rush”,  Benedict Cumberbatch, il protagonista della celeberrima serie TV “Sherlock”, per dirne due. Il film presenta da subito una struttura particolare, mettendo in parallelo la piattaforma di Wikileaks, sito creato da Assange (Cumberbatch) per divulgare scandali e, talvolta, vere e proprie violazioni dei diritti umani da parte di governi mondiali, con un grande ufficio nel quale ogni informatore è protetto da strati e strati di informazioni eccessive e false, e come un post-it ricoperto da altre migliaia di post-it, le informazioni e gli informatori rimangono segreti e intoccabili. Tutto questo giova, naturalmente, alla fotografia, che si dimostra superba, ma che penalizza, insieme ad un montaggio tutt’altro che immacolato, la fluidità del lungometraggio. Il film comunque mette in evidenza grandi pregi, come alcuni passaggi di scena particolarmente ben riusciti (non molti, purtroppo), quelli ad esempio tra il tempo presente e l’infanzia dell’hacker australiano, e una recitazione da parte dei due protagonisti veramente eccelsa. Cumberbatch riesce a rappresentare tutta l’eccentricità del genio malato Assange, e Brühl ritrae bene la figura di Daniel Berg, un hacker professionale, affascinante ed intelligente, ma sensibile alle problematiche altrui e comprensivo, tanto da bloccare temporaneamente una delle operazioni di rivelazione di materiale top-secret che avrebbe messo in pericolo le vite di migliaia di soldati americani. La relazione di amicizia tra i due terminerà dunque così, bruscamente, quando Assange sospenderà il collega, che non rivedrà mai più, neanche dopo il clamoroso blocco. Conclusione? Un film sicuramente piacevole ed emozionante, ma che forse andava trattato con più cura. Da vedere, ma con aspettative non troppo alte. Lasciate nei commenti la vostra opinione, è per me molto piacevole infatti leggere i vostri pareri e confrontarli.

Un abbraccio e buona visione!