I dolori del giovane Nichi.

Ah, che bello il periodo delle elezioni europee, la scena politica si ravviva dopo un inverno loffio, ed i partiti cominciano a fare campagna, parlando, promettendo, svolantinando, insultando… insomma, creano una situazione piuttosto movimentata. C’è un uomo, però, che non ride tanto. Quest’uomo è l’araldo di ciò che rimane della sinistra parlamentare, il segretario Nichi Vendola. Da alcune settimane si trova a riflettere su varie situazioni importanti per il suo partito: le elezioni europee, il rapporto col PD, la possibilità di un governo con alcuni elementi provenienti dal centro-destra, eccetera. Sovvengono dunque alcuni problemi: la scarsa affluenza al congresso riminense di qualche settimana fa, il calo di consensi, il rinculo del caso ILVA, la scelta di una coalizione europea. Vendola, però, ha un’idea: provare ad accontentare un po’ tutti. C’è una falla, però, in questo piano: non è a lungo termine. Vendola, infatti, afferma di voler collaborare col PD, addirittura accenna a confluire in esso, costituendo un organo unitario per il centro-sinistra italiano. Il PD, però, ha deciso di candidarsi con il PSE, il Partito dei Socialisti Europei, decisamente distante dalla coalizione scelta, almeno al momento, dal segretario di SEL: il Partito della Sinistra Europea, che con il suo candidato Tsipras sta raccogliendo sempre più consensi. Basti pensare che il giovane leader ha portato il suo partito in Grecia dal 2% al 38% (se non ricordo male). Una presa di posizione che inevitabilmente porterà a dei dibattiti con il PD. Per questo, io penso, non sarà possibile mantenere una linea del genere: SEL non può pretendere di dare ordini dal basso del suo 3%, dunque può solo seguire o disertare. La scelta giusta, per me, sarebbe staccarsi da quel relitto democristiano di ciò che una volta era il Partito Comunista Italiano, e andare a formare un fronte unitario di Sinistra insieme alla Sinistra extraparlamentare, magari raccogliendo ciò che rimane della Sinistra dei Democratici. Sono tanti anni che non c’è un partito forte e serio di Sinistra vera e propria, in Italia. Forse qualcuno, oltre a me, ne sente la mancanza. Ma si sa, “Siamo tutti allenatori migliori da Casa”, e la scelta può solo spettare a uno.

Io, però, ci voglio credere.

La morbosa questione del compagno Guy. Capitolo Uno.

Ogni mattina, nel Grande Stato del Popolo, il compagno Guy si svegliava puntuale. Si lavava i denti, e si pettinava, infilava con cura la camicia e i pantaloni, e usciva a prendere il giornale, giusto prima di andare al lavoro. Faceva l’impiegato nella Grande Azienda, e il suo compito era quello di controllare i dati sulle vendite di una piccola sezione della sua città. Il compagno Guy non sapeva cosa mai trafficasse la Grande Azienda, e mai se lo chiedeva. Il compagno Guy, però, era facilmente attratto da cose, persone, avvenimenti, e spesso si domandava del senso di ciò che gli accadeva attorno. Un giorno, tornando a casa, rimase per ore a fissare un fiore nato spontaneamente dal cemento, da una piccola apertura nella strada. La sua meraviglia portava il suo animo a stati di esaltazione personale, paragonabili quasi ad un contatto con l’Etereo. E allora si faceva delle domande. Se ne faceva per tutto il pomeriggio, e tutta la sera. Ogni volta trovava delle risposte tutte sue, e si sentiva fiero. Si era fatto domande su tutti gli argomenti immaginabili: dalla politica, al lavoro manuale e teorico, all’ambiente, al pensiero, alla natura stessa di farsi delle domande. Ma non si era mai chiesto una cosa: che COSA era l’Azienda? Già, il posto dove lavorava, il posto dove viveva e dove passava la maggior parte del suo tempo, era la sua Sfinge. Non sapeva niente. Assolutamente niente. 

Qualcosa ha smesso di far boom da tempo. (Cit.)

“Qualcosa ha smesso di fare boom da tempo”, dice un famoso youtuber in merito ai nuovi videogiochi, ma si può dire che ciò sia vero anche per la politica? In mia opinione sì. In questi giorni assistiamo al ritorno di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, per Dio si parla addirittura di Democrazia Cristiana 2.0…. Ma perchè? Perchè ci vogliamo condannare a tornare sempre più indietro? Cosa ci ha questo futuro che tanto ci spaventa? Bene, Io non so cosa ci possa essere di così terribile davanti a noi se siamo disposti a tornare in retromarcia sempre di più, scordandoci che dietro c’è il baratro, e basta. Non c’è gloria, non ci sono speranze. C’è il buco da cui eravamo usciti con tanta fatica. E allora va bene, portiamo indietro dei vecchi partiti, per accaparrarci i voti dei nostalgici, degli incazzati. Ma non possiamo farlo per sempre. Dobbiamo avere il coraggio di andare avanti, ma NON in questa direzione. La gente mi chiede: “Chi sosterrai alle elezioni?”, e io non gli ho mai risposto, non una parola uscita dalla mia bocca. Bene, io la mia risposta la ho trovata: “Chiunque mi DIMOSTRI, e lo sottolineo, che vuole andare avanti, non in questa direzione, ma nella direzione del buonsenso e della logica, senza abbandonare le idee che lo/la hanno formato/a. Non voglio pagliacci milanesi, fiorentini o genovesi (sì ci butto dentro pure quel mascalzone ipocrita di Grillo). Voglio qualcuno che mi faccia vedere un futuro migliore rispetto al tracollo del passato.”. Ma sono passati mesi, e quel qualcuno ancora non c’è.

Qui Radio Gallifrey. Le mie opinioni sul cinquantesimo anniversario di Doctor Who.

Arriva puntuale, come un orologio svizzero, al contrario del suo personaggio, sempre in ritardo di giorni, mesi, e talvolta anni. Ma entrambi hanno una cosa in comune: arrivano. E così mi sono ritrovato a costringere un’intera famiglia a sintonizzarsi su Rai 4 per assistere all’evento dell’anno. Il cinquantesimo anniversario è finalmente giunto tra noi. Con tutto il suo carico di aspettative, un minimo errore avrebbe potuto causare un terremoto non da poco, ma così non è stato. Who vive, vive in mezzo a noi, e ha nuova verve nata dalla penna di Steven Moffat, da cui mi aspetto grandi cose. Non un collegamento fuori posto, non una riga di troppo, non un’inquadratura superflua. No, aspettate. Un problema c’è. L’intero plot dell’invasione aliena sulla Terra. Ok, è vero, serviva qualcosa che tenesse tutto assieme e permettesse lo svolgimento degli eventi, devo ammettere che il passaggio (SPOILER) da Gallifrey a pezzi a grandi calamari multiforma era un po’…. meh. Dettagli nella fine, perchè anche questi crostacei riescono ad avere un ruolo decisivo nella grande trama del cinquantesimo. Tutto funziona, tutto torna. E mentre io rido come un pazzo di fronte agli avvenimenti ed a tutti i riferimenti al passato, e a barcollare di fronte al ritorno di un ospite inaspettato, le persone attorno a me cominciano a capire niente. Ma non mi importa. Questo è il giorno del Dottore, e niente me lo rovinerà.

Il colpo. Introduzione di Luca Marzocchi.

“Marzocchi. MARZOCCHI!”

La voce era lontana, indistinta, e offuscata da una barriera di brusii, impenetrabile. Luca Marzocchi, 16 anni, milanese, studente del Liceo scientifico, bocciato, se ne stava in disparte, in un angolo della classe, con in mano un cellulare. Gli occhi pesanti stentavano a stare aperti, e i richiami della professoressa Garzanti (Latino) lo riportavano remotamente alla sua realtà di studente in difficoltà. 

“Allora. Non se ne può più. Dammi quel cellulare! E dì alla classe la risposta alla mia domanda.”

“Eeeeh, allora proffe, aspetti…”, in affanno, Luca si guardò intorno, in cerca di una boa, di un salvagente, presto offertogli dal compagno, amico di una vita, Matteo Gasperi, toscano doc (a sua detta, il padre gli aveva strofinato addosso una salsiccia di cinghiale addosso subito dopo il parto): “Genitivo plurale”, bisbigliò, “seconda declinazione”. “

“Ah, sì! Genitivo plurale, seconda declinazione proffe! Vede che ho studiato! Lei si deve fidà!”

“Marzocchi. Non è divertente. Lei sa qual era la domanda? Chi è che ha detto queste parole?”, rispose scocciata la ormai anziana docente (70 anni a giugno), indicando la lavagna.

“Che io muoia nella patria che tante volte ho salvato… eeehhh…. uuuuhhhhh…. Platone?”

La classe rise. Rideva sempre. Sapeva solo ridere, ipocritamente, selvaggiamente. 

“Marzocchi, fila dal preside. E il Liceo Classico sta in Via Garibaldi.”

Luca si diresse a testa bassa verso l’ufficio del preside, ma aveva in testa altro. Aveva in testa quel telefonino, dove molti gli stavano riferendo ciò che avrebbe dovuto fare quella sera. Cosa avrebbe dovuto fare quella sera nel colpo.

Erano in cinque, questo sapeva. Non conosceva gli altri, ma sapeva solo che il colpo, se andato a segno, gli sarebbe fruttato abbastanza quattrini. Non era un mafioso ad organizzarlo, ma un ex-militare. Questo era tutto ciò che sapeva su chi lo avrebbe circondato quella sera. Gli era stato detto di portare il computer, forse per la sua abilità nell’hacking, con la quale aveva fatto saltare i sistemi di protezione di numerosi siti internet, il più grande dei quali era quello della sede locale di una nota impresa di spedizioni.

“C’è chi aiuta il mondo e chi vuole vederlo andare in fiamme sotto i colpi dei suoi tasti,” diceva ai suoi amici in riferimento alla sua passione, “Ti lascio indovinare chi dei due sia io”.

Ma tutto ciò che sapeva in quel momento era che nell’ufficio del preside, non ci sarebbe stata pietà per lui. Sospirò seccato ed entrò nella stanza. 

 

Il rosso che (non) spaventa New York.

Succede tutto così. Come una sferzata improvvisa di vento nell’estate più calda. Una sferzata fresca, che viene da lontano. Così, un nuovo sindaco viene eletto nella Grande Mela. Così, un volto nuovo si staglia in mezzo a colossi di oppositori politici come Rudy Giuliani e Michael Bloomberg, e porta New York City in una nuova fase, una fase progressista. Lui, dall’inizio reputato sfavorito, lui, che ha raccolto consensi grazie ai fatti e non alle parole, lui, che ha combattuto tutta la sua vita contro ciò che riteneva sbagliato, lui ha vinto. Bill De Blasio, una figura di certo inconsueta, un marxista, italo-americano, maritato ad una ex-lesbica afro-americana, non ha paura. Non ha paura di usare certe parole, come “Progresso”. Non ha paura di sventolare bandiere rosse. Non ha paura ad ammettere il suo passato da comunista. Non ha paura a rinnegare le sue origini. Un uomo di sinistra. Un uomo che crede nei valori della sinistra, una sinistra che, pensate un po’, proprio nella sua Italia, si sta perdendo, tra IMU, Cancellieri, Spese Pazze e presunti “inciuci”. E lui no. Lui resta chi è sempre stato. Resta l’uomo che ha sempre dimostrato di essere, vicino alla gente, come nel suo operato da Public Advocate e nel consiglio cittadino. Lui è, e resta, un progressista.

[RECENSIONE FILM] Il Quinto Potere.

Gli anni 2000. L’era della nuova informazione, del collegamento, di internet. L’era in cui si guarda al futuro con occhi nuovi: speranzosi, sognanti, ma soprattutto aperti. L’era in cui un uomo, con l’aiuto di poche persone e di un’abilità informatica fuori dall’ordinario, riesce ad aprire i nostri occhi su una finestra oscurata da mille tende: la finestra dei governi. Il suo nome è Julian Assange, e questa è la sua storia. Le premesse di questo film sono ambiziose e accattivanti, e il regista, Bill Condon, ha reclutato un cast da urlo, con Daniel Brühl, il lodato attore che ha interpretato giusto qualche mese fa Niki Lauda in “Rush”,  Benedict Cumberbatch, il protagonista della celeberrima serie TV “Sherlock”, per dirne due. Il film presenta da subito una struttura particolare, mettendo in parallelo la piattaforma di Wikileaks, sito creato da Assange (Cumberbatch) per divulgare scandali e, talvolta, vere e proprie violazioni dei diritti umani da parte di governi mondiali, con un grande ufficio nel quale ogni informatore è protetto da strati e strati di informazioni eccessive e false, e come un post-it ricoperto da altre migliaia di post-it, le informazioni e gli informatori rimangono segreti e intoccabili. Tutto questo giova, naturalmente, alla fotografia, che si dimostra superba, ma che penalizza, insieme ad un montaggio tutt’altro che immacolato, la fluidità del lungometraggio. Il film comunque mette in evidenza grandi pregi, come alcuni passaggi di scena particolarmente ben riusciti (non molti, purtroppo), quelli ad esempio tra il tempo presente e l’infanzia dell’hacker australiano, e una recitazione da parte dei due protagonisti veramente eccelsa. Cumberbatch riesce a rappresentare tutta l’eccentricità del genio malato Assange, e Brühl ritrae bene la figura di Daniel Berg, un hacker professionale, affascinante ed intelligente, ma sensibile alle problematiche altrui e comprensivo, tanto da bloccare temporaneamente una delle operazioni di rivelazione di materiale top-secret che avrebbe messo in pericolo le vite di migliaia di soldati americani. La relazione di amicizia tra i due terminerà dunque così, bruscamente, quando Assange sospenderà il collega, che non rivedrà mai più, neanche dopo il clamoroso blocco. Conclusione? Un film sicuramente piacevole ed emozionante, ma che forse andava trattato con più cura. Da vedere, ma con aspettative non troppo alte. Lasciate nei commenti la vostra opinione, è per me molto piacevole infatti leggere i vostri pareri e confrontarli.

Un abbraccio e buona visione!

Riflessione sul movimento No Tav. Parte 1: l’inizio, le basi.

L’Italia. Un paese meraviglioso che riesce a fondere insieme tutto ciò che viene ricercato in una nazione: Ospitalità, Arte, Cultura e Storia. Ma soprattutto, Ambiente. I meravigliosi scenari delle Dolomiti, le cornici mozzafiato dei grandi laghi e le spiagge da sogno della Sardegna, il tutto circondato di campi di grano che riflettono la luce del sole. Cosa potrebbe andare male? Ebbene, l’Italia ha la strana capacità (fin dalla sua nascita) non di risolvere i problemi che ha , ma bensì di peggiorarli ulteriormente. Non ultimo di questi, spicca il problema dei trasporti. Questo Stato ha da sempre avuto sotto la “spotlight” evidenti problemi di mobilità, con autostrade incomplete o in costante modifica (sto parlando con te, Salerno-Reggio Calabria), ferrovie problematiche e aeroporti inutili o abusivi. Ed in questa cornice nasce un movimento che ha catalizzato l’attenzione dei media su di se, fin dagli anni novanta: il movimento No TAV. Chi sono i No TAV? “Terroristi”, “Criminali”, “Sabotatori”, molti sono i titoli associati a questi individui. La verità resta però una sola: sono un gruppo di cittadini che, vedendo una radicale modifica dell’ambiente che li ospita: la Val di Susa, uno degli ambienti che ho tanto glorificato nella mia introduzione. Tutto comincia quando nasce la proposta del governo Andreotti VII di aderire al piano di costruzione di linee ferroviarie ad alta velocità proposto dall’Unione Europea. Un piano ingegnoso, e soprattutto utile, data la quantità di persone lavoranti a centinaia di chilometri da casa. Un piano che, però, porta anche conseguenze sgradevoli, talvolta dannose, come l’inquinamento. I cantieri del progetto sono infatti balzati all’occhio della cronaca nazionale per la produzione ed emissione di amianto, alquanto dannoso per la salute degli esseri viventi. In un ambiente naturale semi-incontaminato, uno degli ultimi rimasti in Italia, la costruzione di una linea di questo tipo ha fatto nascere più di una perplessità. Così, all’annuncio della famigerata linea Torino-Lione, ritenuta più superflua che altro, la popolazione valsusina ha deciso di dire basta, di opporsi ad un progetto che, alla fine, avrebbe sfavorito una porzione notevole di territorio, favorendo la comodità delle persone delle grandi città a discapito della salute della casa degli abitanti dei piccoli paesi. Nasce in questo modo, un modo innocuo e più che legittimo, uno dei movimenti più strumentalizzati e controversi degli ultimi quindici anni.

Crowdfunding, la nuova frontiera.

*Questo articolo l’ho scritto per il giornalino del mio Liceo, quindi vi saranno riferimenti

 

Nel 2009, un giovane americano di nome Perry Chen, fonda il sito “Kickstarter”, e crea così un metodo originale ed efficace di finanziamento. Basti pensare che il ragazzo è ora tra le 100 persone più influenti del mondo secondo il “Time”, e che artisti dell’ambito videoludico, come il genio Tim Schafer, e altri produttori indipendenti, abbiano scelto il sito per creare progetti interessanti, mostrando al pubblico idee innovative. Ad oggi il sito ha ispirato altre persone a fondare siti di questo genere, come IndieGoGo. Tra i progetti, però, non vi sono solo videogiochi. Libri, dipinti, collezioni, fumetti, sculture ed addirittura film, vengono presentati ogni giorno sulla homepage di Kickstarter. Più di 44.000 progetti sono stati finanziati dalla fondazione del sito, con oltre 676 milioni di dollari donati. Ma come funziona, precisamente, il crowdfunding? Molto semplicemente, possiamo suddividere la creazione in tre fasi: proposta, donazione e rilascio. Nella prima fase, il creativo propone un progetto, dando un titolo, una somma minima richiesta ed una descrizione. All’interno della proposta, alcuni  implementano vantaggi a progetto finito per i donatori. Nella seconda fase, gli utenti donano, appunto una somma di denaro a scelta, con una somma minima di un dollaro. Infine, quando il progetto raggiunge compimento, viene rilasciato al pubblico, attraverso Kickstarter o un sito indipendente. Si viene a creare quindi un rapporto di fiducia tra il produttore e l’acquirente, senza inganni e senza intoppi burocratici. Il crowdfunding, quindi, mettendola banalmente, è il prodotto finanziato dalla gente, per la gente. Il crowdfunding dà ogni giorno la possibilità a milioni di creativi di esprimersi, dà ogni giorno un’alternativa alle grandi corporazioni che invece di sostenere la creatività, la soffocano. Sorprende un dato, però. Tra tutti i 44.000 e passa progetti, soltanto 53 in tutto sono di provenienza italiana. Non va meglio su IndieGoGo, ove i progetti sono solo 30. Sembra quasi incredibile, contando che l’Italia è uno dei paesi che ha dato i natali all’arte e alla cultura, come impariamo ogni giorno qui al Minghetti. Si apre dunque un interrogativo: perché? Abbiamo forse paura del nuovo? Non c’è abbastanza pubblicità del metodo in questa nazione? Abbiamo finito la creatività? In un modo o in un altro, è necessario che ogni persona con un progetto debba essere a conoscenza di tutti i metodi possibili per realizzare il proprio sogno. Soltanto quando toglieremo il guinzaglio della monotonia alla nostra mente, potremo assistere ad una nuova fioritura dell’arte di ogni tipo, forse anche ad un nuovo Rinascimento.

Moneytube Italia.

Ebbene sì, qualcosa che non sia politica. Oggi tratterò uno dei miei passatempi preferiti: Youtube. Un mondo fantastico, meraviglioso, dove le persone possono dire e mostrare a tutto il mondo ciò che sanno fare meglio: Cucina, Makeup, Fotografia e persino Fionde. Ma soprattutto, videogiochi e sketch. Il mondo di Youtube è legato a queste due categorie: migliaia di video di Gameplay, alcuni usati per walkthrough, altri per pura e semplice commedia, e maree di sketch (alcuni esilaranti, altri meno…), imitazioni o soltanto scherzi. Ebbene, Youtube è arrivato, ormai da anni, anche in Italia. L’Italia, il bel paese, noto per essere allegro e scherzoso, ha fatto subito uso di questo nuovo metodo di comunicazione, con risultati molto spesso gloriosi. Youtube Italia era un posto meraviglioso, con giovani che si mettevano in gioco, che incontravano altri giovani ed altri giovani ancora, fino a formare coppie, gruppi, o vere e proprie comunità. Come in ogni comunità, però, sono nati dei problemi, e alla base di questi, come sempre, c’è il denaro. Molti hanno perso le proprie passioni, le proprie idee e le loro stesse identità. Cosa è successo? Le partnership con siti, i soldi di Youtube che dovrebbero aiutare queste persone per migliorare i propri metodi di registrazione, sono diventati priorità esclusiva. Gli Youtuber, una volta semplici persone volenterose e appassionate si sono trasformate in avidi lupi, pronti a tradire i propri fan alla prima occasione per un po’ più di soldi. E allora via con pubblicità inter-video, legami loschi con pezzi grossi di siti importanti ed improvvise chiusure di canale in situazione di improvvisa perdita di guadagno. L’odore di sporco si propaga attraverso la rete, con continui annunci, cambi, colpi bassi e delusioni. Il punto di rottura, il punto di collasso è avvenuto, però, in due eventi particolari, che hanno mosso le ire di tutti gli utenti già dubbiosi, e confermato i timori di chi aveva già perso le speranze. Un popolare Youtuber, che non nominerò per correttezza, ha deciso di cominciare una campagna di raccolta fondi su un popolare sito di crowdfunding (argomento che tratterò in un mio prossimo post). Per cosa? Un progetto interessante? Assolutamente no. Per andare al Lucca Comics and Games. Ha chiesto soldi, nonostante ne prendesse già in quantità, per andare ad un evento. Molti fan si sono scatenati furiosamente, altri, ciechi, lo hanno difeso. Quando si pensava che si fosse raggiunto il massimo del degrado, lo stesso Youtuber ha pubblicato una sua mod per un gioco particolarmente famoso. Questa mod, però, chiudeva permanentemente Adblock con un Virus. Ovviamente, questo è stato fatto per tenere attive le pubblicità sui suoi video, ottenendo così un profitto maggiore. Ha cercato di difendersi, ma le cannonate impietose del Galeone di Internet lo hanno abbattuto definitivamente, insieme alla fiducia nel complesso generale nella sezione italiana di Youtube. Che cos’è ora Youtube Italia? Una piana desolata, come dopo un’attacco nucleare, dove solo pochi fiori nascono, ma che non vengono innaffiati, perchè sono tutti impegnati a osservare i grandi colossi di cemento sorti a pochi metri. Questi colossi sono i grandi canali di Youtube che sono riusciti a resistere alla Bufera, copiando spudoratamente da canali esteri, ma che non riusciranno a sopravvivere per sempre.